Oct 18, 2018
Crimine e bitcoin
Ha avuto in questi giorni una certa diffusione il Cryptocurrency Anti-Money Laundering Report Q2, che tenta di far luce sull’utilizzo di bitcoin ed affini nel riciclaggio. Il report documenta un fenomeno in crescita, ma non riesce a contestualizzarlo appropriatamente.
Anzitutto perché non distingue tra il crimine che colpisce gli intermediari come le borse di scambio con falle nei loro sistemi di sicurezza (rubando bitcoin), dal crimine che invece usa bitcoin nei ricatti online (ransomware), o infine dall’utilizzo in attività criminali tradizionali (spaccio, vendita di armi, terrorismo).
I tre fenomeni hanno crescente rilevanza e per l’ultimo (socialmente il più critico) non viene fornita alcuna evidenza significativa: questo perché il dollaro statunitense rimane lo strumento preferenziale per il traffico internazionale di droga ed armi e, come dichiara Europol, non c’è alcuna evidenza dell’uso di bitcoin nell’attività terroristica.
Il fenomeno dei ransomware è particolarmente interessante: WannaCry, il più famoso attacco di tale tipo, ha raccolto dai riscatti circa 125mila dollari. Si tratta di una cifra sostanzialmente insignificante, specialmente rispetto alla sofisticatezza dell’attacco che è piuttosto ascrivibile alla cyber-war tra stati e corporation internazionali.
Quanto agli attacchi alle borse di scambio insicure, questi sono “fisiologici” un un modo dove pratiche ottimali di sicurezza non sono ancora affermate e dove, nell’euforia generale, in tanti si improvvisano “operatori di settore”. Si tratta di una selezione naturale che screma gli operatori tecnicamente inaffidabili.
Tutte le tipologie di crimine confluiscono poi nel tema del riciclaggio: lavare bitcoin per ottenere dollari puliti o lavare dollari per ottenere bitcoin puliti. In entrambi i casi resta per ora non smentita l’analisi del Tesoro inglese che stima i rischi riciclaggio associati alle valute virtuali all’ultimo posto in una scala che vede al primo posto banche, commercialisti e studi legali.
Le osservazioni sulla crescita di un fattore 3 per i volumi associati a malversazioni nel primo semestre 2018 non hanno significatività reale: il valore di bitcoin è cresciuto di 6 volte rispetto allo stesso periodo del 2017, quindi i volumi in bitcoin sarebbero addirittura diminuiti. Inoltre, è ovvio che una progressiva maggiore diffusione ed accettazione di bitcoin a livello globale lo rende inevitabilmente più appetibile per iniziative criminali. I criminali usano anche internet, aviazione e telefonia cellulare: una focalizzazione sugli usi patologici di uno strumento non possono offuscarne gli utilizzi fisiologici.
Anche la segnalazione dell’uso di bitcoin in operazioni di riciclaggio tramite l’industria del gioco d’azzardo sfiora l’ovvio: valutata come rischio di media rilevanza nello stesso rapporto del Tesoro inglese richiamato prima, l’industria del gioco d’azzardo ha avuto ad esempio un ruolo decisivo nella grande operazione di malversazione dello scorso anno effettuata in dollari statunitensi tramite i sistemi di SWIFT ai danni della banca centrale del Bangladesh: gli importi rubati furono seguiti nei movimenti bancari internazionali fino allo scoglio insormontabile del cambio in gettoni da gioco effettuato presso casinò filippini, probabilmente complici nell’operazione.
Ad oggi bitcoin resta uno straordinario esperimento: la creazione della scarsità in ambito digitale, l’equivalente digitale dell’oro. Quanto dirompente possa essere questo esperimento si capisce riflettendo sul ruolo che l’oro fisico ha avuto nella storia della civilizzazione, della moneta e della finanza. Ovviamente come in tutte le corse all’oro c’è un Far West di fuorilegge, furfanti, ubriaconi e prestigiatori; ma l’oro c’è e luccica. Ed è solo questione di tempo, ma vedremo crescere economie nuove e straordinarie, radicate nel diritto, così come il Far West è stato l’innesco di un sviluppo che ha portato alla nascita di San Francisco e della Silicon Valley.
Aggiornamento: è appena uscito il report Q3, anche se nel dibattito pubblico la discussione è ancora sul report Q2, a cui abbiamo fatto riferimento sopra.